Undicesimo: non corrompere

Bruxelles, 30 giugno

Di Mirko Lombardi

Martedì 30 giugno, presso l’Istituto italiano di cultura di Bruxelles, il “circolo Palombella”, in collaborazione con l’associazione “Altre Italie”, ha organizzato il dibattito pubblico “Undicesimo: Non Corrompere! – La lotta alla corruzione in Italia da mani pulite a mafia capitale passando per l’Europa”.

Gli illustri ospiti presenti erano GHERARDO COLOMBO – ex magistrato e membro del pool “mani pulite” della Procura della Repubblica di Milano, GIOVANNI KESSLER – Direttore Generale OLAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode), CATERINA CHINNICI – Eurodeputata PD, membro della Commissione LIBE e LAURA FERRARA – Eurodeputata Movimento 5 Stelle, membro della Commissione LIBE e relatrice della relazione di iniziativa “Corruzione e criminalità organizzata”.

L’evoluzione della Corruzione


Il primo punto affrontato dal dibattito è stato quello di comprendere come la corruzione e la sua lotta si sia evoluta dai tempi di mani pulite fino ad oggi, periodo nel quale assistiamo al caso di mafia capitale.

Senza titoloL’ex magistrato Colombo non nota differenze sostanziali tra il livello di corruzione degli anni ’90 e quelli attuali, nonostante si possano sottolineare due punti essenziali. In primis, dal punto di vista dei soggetti protagonisti, si può constatare che nel ’90 la maggior parte delle tangenti finivano nella mani dei partiti, oggi invece sono i funzionari pubblici che recepiscono la tangente sebbene i partiti non siano totalmente esclusi dal sistema. In secondo luogo, Colombo ha fatto notare come negli anni ’90 il sistema fosse rigoroso nello rispettare regole precise e ben strutturate, oggi invece, sebbene il problema sia diventato sistemico, le regole che accompagnano il percorso corruttivo non sono le stesse in tutti i settori.

Per quanto riguarda gli strumenti alla lotta, l’europarlamentare del PD Caterina Chinnici, figlia del giudice Rocco Chinnici, assassinato dalla mafia nel ’83, ricorda come proprio il padre aveva introdotto il concetto per cui fosse fondamentale colpire il patrimonio come strumento principale di contrasto alla mafia e alla corruzione. La deputata ha sottolineato i tre passi fondamentali che hanno portato allo sviluppo della legislazione anti corruzione e anti mafia: dagli anni ’80 si incominciò a fare riferimento alla stretta connessione tra corruzione pubblica e mafia tanto da sviluppare una legislazione che tenesse legate entrambi gli aspetti; ulteriori passi in avanti per l’inasprimento della legislazione sono state fatte dopo le stragi degli anni ’90 e mani pulite.

La deputata afferma che negli ultimi decenni la legislazione è regredita nei confronti di questi temi e che la Legge Severino rappresenta il tentativo di riprendere in mano la situazione.

La peculiarità della Legge Severino sarebbe quella della “prevenzione”, ovvero la volontà di abbattere quelle “zone grigie” che possono trovare diversa interpretazione; la legge sarebbe in grado di facilitare l’individuazione di illeciti tramite norme sulla trasparenza della PA e l’identificazione della responsabilità amministrativa.

Percezione e dibattito pubblico


 

FotoCorruzioneIl fatto che il problema mafia sia stato oggetto di discussione pubblica diffusa dopo gli anni ’90, sostiene l’Eurodeputata Chinnici, mentre la corruzione è rimasta un problema per gli addetti ai lavori, rappresenta una delle difficoltà che rende difficile il massimo sforzo politico necessario ad affrontare il tema.

L’Eurodeputata penta-stellata Laura Ferrara sostiene, invece, che l’opportunità politica c’è stata e non è stata presa al volo. Nello specifico la Ferrara si riferisce agli emendamenti dei 5 stelle per l’introduzione della decadenza permanente dai pubblici uffici per i soggetti a condanna definitiva. La mancata approvazione di questi emendamenti rafforzativi della legge Severino sono una delle cause che rendono il movimento 5 stelle rigido agli occhi degli elettori.

Il direttore generale Kessler estende, invece, il discorso verso una visione comparativa a livello europeo: innanzitutto, collegandosi al discorso sulla percezione della corruzione a livello pubblico, Kessler sottolinea come altri paesi dell’UE abbiano la corruzione al primo posto del dibattito politico, nello specifico Spagna, Portogallo, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e soprattutto Grecia. Proprio in quest’ultimo paese, il dibattito è strettamente collegato alla crisi economica: “parlare di corruzione è parlare di crisi”, sottolineando come la Grecia, secondo paese d’Europa per spese militari, ponga resistenza nel diminuire le stesse (400 mln di euro di diminuzione previsti da l’UE) proprio per gli interessi che esistono nella gestione di quel settore di spesa pubblica.

Il secondo punto pone una questione difficile da valutare: quanto è vero il dato per cui l’Italia rappresenta da sola la metà della corruzione europea? E’ veramente così oppure i giudici italiani sono più bravi a scovare i crimini? In realtà, sostiene Kessler, il costo della corruzione è estremamente elevato in Italia rispetto ad altri paesi, anche se prevalentemente nel settore pubblico. Rimane ancora sottovalutato il dato della corruzione privata, presente anche nel nord europeo.

La differenza sostanziale, sottolinea Kessler è il fatto che la corruzione del settore pubblico è fattore indiscutibilmente determinante del declino della fiducia nello Stato e della democrazia in generale che proprio in questi paesi è più marcato.

La sfida attuale


Secondo Kessler il problema più preoccupante è la trans-nazionalità del fenomeno corruttivo: “per capire chi è l’imputato bisogna tirare dei dadi” sostiene il direttore generale, e lasciare le competenze a livello nazionale è come “mettere una camicia di forza” all’attività investigativa. Le tangenti trans-nazionali su grandi appalti pubblici vengono smistate grazie a multi-nazionali passando per società fittizie o costruite “ad hoc” di anche 6, 7 o 8 paesi diversi, dunque di chi è la tangente? A complicare il tutto c’è anche la visione limitata degli investigatori, legata alle fattispecie nazionali, e la frammentazione degli ordinamenti. Il tentativo, aggiunge Kessler, di introdurre una pena minima europea per la corruzione (6 mesi) è stata rifiutata per l’assenza del “concetto giuridico” di pena minima in alcuni paesi.

La deputata 5 stelle ha espresso la volontà del movimento di superare la frammentazione attraverso la sollecitazione della Commissione per un’iniziativa legislativa tramite un report basato sull’art.83 del TFUE. Inoltre, l’Eurodeputata ha considerato l’opportunità di istituire dei comitati/delegazioni ispettive per il controllo dei fondi sull’immigrazione all’interno della Commissione LIBE. La proposta nasce dalla considerazione che lo spreco di fondi sia una lesione della libertà civile di qualcuno e, quindi, debba essere gestito all’interno di questa Commissione. La proposta è stata criticata dai parlamentari tedeschi, afferma la Ferrara, per il semplice fatto che questo controllo spetterebbe alla Commissione BUDGET. In effetti, è stato fatto notare dalla platea che ogni atto illecito e spreco di denaro pubblico può ledere le libertà civili e i diritti dei cittadini (pensiamo ad ambiente e formazione); quindi, se dovessimo pensarla in questo modo tutto dovrebbe rientrare sotto il LIBE, cosa non fattibile.

La lotta: educazione, prevenzione, repressione


I tre settori d’intervento per la lotta alla corruzione, individuati da tutti i partecipanti, riguardano aspetti trasversali come l’educazione, la prevenzione e la repressione dei reati. Se l’importanza di intervenire in tutti i tre gli aspetti seguendo un approccio olistico è stato condiviso da tutti, non c’è stata in realtà condivisione unanime sul loro ordine d’importanza.

FotoCorruzione2Per Colombo, che ammette di aver cambiato idea nel corso degli anni, il concetto di inasprire sanzioni riveste un ruolo secondario rispetto alla “questione morale” ovvero all’educazione, partendo dalle scuole. La legge Severino, secondo l’ex magistrato, è un passo in avanti ma trascura e sottovaluta l’educazione. Il rischio, aggiunge Colombo, è che un aumento delle norme di contrasto alla corruzione potrebbe complicare ancora di più l’interpretazione delle stesse, aumentando quindi le zone grigie e incentivando la “trasgressività”.

L’Eurodeputata PD Chinnici, seguendo l’impostazione di Colombo, sottolinea come anche piccole iniziative possano cambiare le cose ed essere un volano per l’educazione alla legalità, citando ad esempio l’iniziativa palermitana “Addio Pizzo”!

Decisamente differente è, invece, il pensiero di Kessler, che sottolinea in maniera perentoria l’importanza della sanzione nella lotta alla corruzione. Con l’aumento dell’intervento pubblico nell’economia, spiega Kessler, è naturale che la corruzione aumenti; infatti, di fronte all’incertezza creata dal procedimento di ottenimento di procure o appalti pubblici, il sistema di corruzione crea delle regole che assicurano certezza. La corruzione è la “reazione all’incertezza economica” dunque. In questo contesto è la fase di investigazione e accertamento alla base della lotta alla corruzione, quindi gli sforzi dovrebbero rivolgersi verso la limitazione della discrezionalità del giudice nell’accertamento del reato. Inoltre, aggiunge Kessler, la pena ha un valore fondamentale, in quanto sanzioni proporzionate sono sicuramente un deterrente efficace. Citando l’esempio concreto di una caso di corruzione in cui per un appalto di 700 mln di euro, con tangente di circa il 10%, la sanzione per l’azienda è stata di 1,2 mln mentre per i responsabili circa 15.000 euro, a fronte di diversi milioni di tangente. Insomma la pena rappresenterebbe una piccola imposta sul fatturato.

Attenzione dunque alla famosa frase “certezza della pena” in quanto in un regime di sanzioni inadeguate essa rappresenta paradossalmente un incentivo a corrompere.

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